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luglio 2023

Il «Codice di Camaldoli» 80 anni dopo: alcune riflessioni

Nella ricorrenza degli ottant’anni del «Codice di Camaldoli» – redatto dal 18 al 23 luglio 1943 da un gruppo di intellettuali cattolici, molti dei quali furono poi padri costituenti – il presidente Mattarella ne ha evidenziato l’apporto «basilare» per il nostro ordinamento costituzionale: l’affermazione della dignità della persona e del suo primato nei confronti dello Stato, il rifiuto di ogni concezione assolutistica di una politica eretta a garante e promotrice dell’uguaglianza tra tutti cittadini, il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile, la promozione della giustizia sociale e della pace. Affermazioni che ricorrono nei discorsi più recenti del Presidente.

Il nodo della questione di ieri, e, manco a dirlo, di oggi, oltre le evidenti differenze, è la portata culturale di quelle affermazioni che non possono essere rilette come soluzioni «tecniche» da costruire sulla sabbia. Ci si poneva allora la questione della dimensione “etica” della democrazia (non dello Stato). La cultura dell’individualismo e dell’irresponsabilità diffusa non ha fatto altro che aggravare una questione mai risolta che, quando ci si limita a celebrare le ricorrenze, viene facile riportare al passato. Quando invece occorre agire qui ed ora attingendo criticamente a quella cultura senza trascurare quanto ha contato.

Criticità, dunque. Ricorre quest’anno il settantesimo dal Consiglio nazionale di Ladispoli che, dopo un triennio di intensa elaborazione innovativa, rompeva lo schema della contrattazione nazionale e della configurazione costituzionale del sindacato. La Cisl di Pastore e Romani superava la visione corporativa delle relazioni industriali elaborata a Camaldoli e prospettava un rapporto tra sindacato, partiti e Stato ispirato ad una cultura (etica) pubblica inclusiva, pluralistica. Che incorporava, in ultima istanza, il riconoscimento della libertà di coscienza e quegli stessi valori proclamati a Camaldoli.

A questo nostro poco saggio paese serve scavare in profondità applicando il “metodo” di quei padri fondatori, audaci nella ricerca, determinati nella volontà di rendere vitali i valori, non semplici sbandieratori.

Camaldoli ricorre e, di volta in volta, evoca riflessioni sulla cornice storica di quel 1943 e sulle persone che, direttamente o indirettamente, hanno dato vita a quella straordinaria stagione. Un’esperienza che integrava sensibilità e competenze differenti capaci, tuttavia, di dare risposte condivise ai problemi che coinvolgevano l’uomo e più in generale la condizione umana. Risposte calate in quel periodo storico in cui la democrazia usciva dallo scontro radicale con il totalitarismo nazifascista e che doveva misurarsi con le democrazie popolari nate dalla rivoluzione di ottobre in un sistema economico ancora segnato dalle conseguenze della crisi del ’29 e dalla ricerca di un nuovo assetto produttivo commerciale e monetario nel pieno della contrapposizione tra i due blocchi. A Camaldoli seppero cogliere i segni dei tempi di allora cogliendo problemi che a ben guardare sono permanenti nella loro essenza e che si ripropongono ancora oggi sotto altre forme in un contesto radicalmente cambiato rispetto ad allora e con una velocità di mutamento fino ad ora sconosciuta.

Un buon esercizio è quello di confrontare la nostra attualità con i contenuti di un documento («Spunti per la discussione») elaborato alla Link Campus University nel novembre del 2013 (settant’anni dopo), per iniziativa di Vincenzo Scotti e Marco Emanuele, in collaborazione con Stefano Baietti e Giovanni Farese, curatori questi ultimi di un significativo volume, pubblicato poco prima da Rubbettino, su uno dei protagonisti di Camaldoli: Sergio Paronetto. Si allega uno stralcio del documento che, fatti salvi i non trascurabili accadimenti dell’ultimo decennio, continua a metterci in discussione. Di decennio in decennio?

Sergio Paronetto e il formarsi della costituzione economica italiana, a cura di Stefano Baietti, Giovanni Farese, Rubbettino, 2012.

AC