Il primo Congresso nazionale della CISL Napoli 11-14 novembre 1951, discorso del segretario generale Giulio Pastore.
Un protagonista discreto. Mario Romani e l’art.2, di Marco Romani
(intervento tenuto al Convegno “Una concreta dimostrazione di democrazia”. Il I° Congresso Nazionale della CISL settant’anni dopo, Napoli, 11 novembre 2021)
Il prof. Mario Romani nel 1974, accannto sulla destra Albino Luciani Patriarca di Venezia poi Giovanni Paolo I (Archivio fotografico FGP)
Quando, nell’autunno del 1949, gli parlarono per la prima volta dell’opportunità di partecipare “… all’opera degli amici che da circa un anno avevano dato vita alla LCGIL” Mario Romani, allora giovane incaricato dell’insegnamento della storia economica presso la facoltà di Economia e Commercio dell’U.C.S.C. di Milano, conosceva poco Giulio Pastore. Così ricorda lui stesso quando scrive la prefazione alla raccolta dei discorsi e degli scritti del fondatore della CISL a cui fu posto il titolo “ I lavoratori nello Stato” (G.Pastore, Vallecchi, Firenze 1963) e ricorda anche che proprio da quella partecipazione e da quella successiva nella CISL nacque “…un’amicizia profonda e sincera, cui il tempo, gli uomini e le cose (…) non hanno potuto che conferire efficacia di chiarezza e di cordialità, nel continuo impulso di comuni ispirazioni, più forte di ogni mutamento di impegni o di campi di attività”.
E dichiara anche - più da testimone partecipe e appassionato di quella esperienza personale, della sua portata, delle difficoltà, degli ammaestramenti che ha dato e continua a dare – “l’incancellabilità del ricordo della comune dedizione ai grandi ideali dell’incivilimento”.
Questa dedizione è il fattore comune che avvicina Romani a Pastore, pur nelle differenze storico-temporali dei loro personali percorsi di vita, nelle rispettive formazioni dei loro convincimenti che sempre poi li hanno guidati nella maturazione delle loro scelte e decisioni.
Per Giulio Pastore “fondatore per vocazione e statura” mi soccorrono gli scritti del prof. Giovanni Marongiu per il quale vi è una questione sottostante alle vicende storiche che investono insieme Pastore e la CISL, “semplice ad enunciarsi ma difficile a decifrarsi”. Si tratta, scrive il prof. Marongiu, di spiegare come mai tra il 1948 e il 1950 nasca in Italia un sindacato nuovo, un organismo sindacale che rompe radicalmente con ogni tradizione precedente. Il punto è il salto politico e culturale che si era verificato; non si può non riflettere su un fenomeno di rottura dell’esistente, di un’innovazione rispetto alle idee del sindacato esistenti (quella della CGIL, della DC e del mondo cattolico, quella del sindacato istituzione derivante dall’art. 39 della Costituzione). Bisogna chiedersi come abbia potuto Pastore
-) così radicato nel mondo cattolico
-) dirigente della DC
-) esponente di primo piano della corrente sindacale cristiana
aderire e mettersi a capo di una complessa operazione politica in contraddizione con le adesioni e le fedeltà che ognuna di quelle ‘milizie’ comportava. Perché a Pastore l’adesione a questo disegno fu possibile al massimo grado? Perché ciò che in effetti sembra reggere il filo della sua vita è una sostanziale profonda unità tra i vari campi della sua testimonianza: religiosa, politica, civile. Azione Cattolica, Partito, Sindacato: tre milizie quindi tre fedeltà. Ma mentre i più andavano alla ricerca di improbabili gerarchie, egli forse non dovette affrontare un tale problema; unica era la fonte da cui sgorgavano i suoi diversi impegni di vita: la fedeltà all’uomo e alle ragioni dei fini comuni che l’uomo persegue nella costruzione di un mondo umano. In questa fede umana trovano composizione la sua concreta esperienza di vita e la sua vocazione politica: c’è da credere che da questa fede vissuta con umiltà e rigore gli sia venuta quella forza di innovazione che lo colloca tra i leader fondatori di nuovi soggetti collettivi. Giulio Pastore colse, grazie al suo istinto politico - nella congiuntura che si ebbe nell’Italia e nel mondo quando la transizione dalla guerra alla pace si concluse (verso la fine del 1948) - il mutamento di orizzonte che rendeva utilizzabile, nella situazione italiana, il suo innovativo progetto.
La fase di sviluppo che si annunciava, si presentava come un modo concreto ed efficace di mettere su nuove basi il vecchio rapporto tra stato e società, tra economia e sviluppo sociale, tra democrazia e sviluppo politico. La sfida che lanciò e vinse fu quella di concepire e costruire un sindacato che non avesse altra forza se non quella di essere una libera associazione di interessi collettivi senza alcun supporto o garanzia che gli venisse dall’esterno di sé stessa. La risposta che Giulio Pastore dà al problema di come coniugare libertà politica e uguaglianza sociale, come rendere partecipato il processo di governo nello stato e nella società è la CISL: un sindacato autonomo, libero da ideologie e obbedienze partitiche, disponibile alla cooperazione ma pronto al conflitto, portatore di interessi reali non solo economici.
Come arriva, a questo appuntamento Mario Romani, il protagonista ‘discreto’ ?
Qui mi soccorrono i saggi di Evelina Scaglia e Guido Formigoni sui modelli formativi e educativi dei giovanissimi e dei giovani negli oratori e negli ambienti della Gioventù Cattolica milanesi nei primi anni del fascismo e negli anni trenta, ma fondamentalmente i proff. Sergio Zaninelli e Vincenzo Saba con il loro lavoro su Mario Romani e la cultura al servizio del sindacato nuovo. Perché di un servizio liberamente accettato si deve parlare, senza indicazione di motivazioni da parte sua, ma unicamente perché proposto dai ‘maestri’ liberamente scelti ( in questo caso Padre Gemelli che risponde alle sollecitazioni di Pastore e propone la soluzione operativa condivisa con Fanfani). Soluzione che segna una svolta decisiva nella vita di Romani, delineando la duplice missione che continuerà a svolgere fino in fondo:
- quella accademica, di una cattedra universitaria nella U.C.S.C come istituzione essenziale al centro del mondo cattolico italiano
- quella di aiuto al sindacato, come istituzione ugualmente essenziale, nell’ufficio studi e formazione della CISL.
Mario Romani nasce nel 1917, in una Milano nella quale i percorsi formativi personali sono ancora segnati da fattori come la condizione sociale della famiglia, il quartiere in cui si risiede, oltre che dalle relazioni che si determinano nella vita quotidiana. La sua è una famiglia tipica del ceto medio, padre dirigente industriale, un fratello che si avvierà alla carriera militare e una sorella che – dopo la scomparsa della madre a pochi mesi dalla nascita di Mario – deciderà di dedicarsi alla famiglia. La casa si trova in p.zza Wagner, nel quartiere di Porta Vercellina e confina con i locali della parrocchia del quartiere, S. Pietro in Sala. Entrato in prima elementare Mario iniziò a frequentare la scuola della dottrina cristiana presso l’oratorio maschile di S. Michele del Carso al Fopponino, decentrato rispetto alla chiesa prepositurale. In oratorio, Mario e i suoi compagni erano assistiti e guidati nel maturare gradualmente in un ambiente improntato all’accoglienza fraterna. L’organizzazione voluta da don Stefano Rovellini, il sacerdote assistente impegnato in prima persona e per tutta la vita nella federazione diocesana degli oratori milanesi, si collocava nella migliore tradizione oratoriana ambrosiana : rallegrare, istruire, educare era il motto che animava le varie attività.
Ormai più vicino all’adolescenza, Mario decide di entrare nella sezione ‘aspiranti’ (“pinucci” come venivano chiamati in territorio milanese) del circolo di AC della sua parrocchia (l’Unione). “Mario vide l’Unione e gli esseri che si muovevano dentro prima ancora di entrarci…” cito da una preziosa testimonianza di Marco Agnesi, suo grande amico di gioventù, compagno di oratorio e destinato a diventare suo cognato. Gli aspiranti, tutti ragazzi compresi tra i dieci e i quindici anni, seguivano un percorso educativo basato sul principio pedagogico costituito dalla fraterna collaborazione tra ‘grandi’ e ‘piccoli’ dove i grandi avrebbero dovuto imparare a farsi piccoli per poter guidare al meglio i fanciulli loro affidati. Formazione (religiosa, morale, sociale, culturale); protezione delle coscienze; apostolato sociale; cooperazione con l’Azione Cattolica, costituiscono i pilastri della sua preparazione, trasmessa in particolare dai preti formidabili che ha la fortuna di incontrare: il prevosto, mons. Giuseppe Magnaghi che lo sposò (come anche sposò Benito Mussolini, allora abitante in territorio parrocchiale..), don Carlo Gnocchi, destinato poi a ruoli e iniziative di rilievo nazionale, don Carlo Dameno che – sopra tutti – lo accolse e lo capì applicando il vecchio principio pedagogico di San Bernardino da Siena (“prendi il buono e lascia stare il cattivo) ma che anche lo mise alla prova della sopportazione e gli insegnò l’umiltà nonostante fosse convinto delle sue doti e dei suoi meriti.
Dentro a questo modello Romani cresce e si forma completando brillantemente gli studi secondari presso l’Istituto Tecnico Commerciale N. Moreschi. L’università e la laurea costituiscono lo sbocco di interessi e impegni che si sono andati confermando non solo attraverso il solo conseguimento del diploma; scontato è indirizzarsi all’Università Cattolica di cui ricorda “l’altissima missione che il massimo istituto culturale dei cattolici italiani compie, sia nel campo strettamente scientifico che nel campo formativo” e di cui condivide l’obbiettivo storico (la preparazione e la formazione “ di coloro che dovranno occupare i posti di comando nella società”). Indicativo della sua personalità e dei suoi obbiettivi di vita è poi il modo con cui compie l’esperienza universitaria: quando è solo matricola da due mesi, si presenta al direttore dell’Istituto di Economia (che è Francesco Vito) e gli chiede di poter frequentare l’istituto stesso; viene accettato in via sperimentale ma sarà proprio Vito, colpito dall’assiduità e dall’impegno, che gli farà compiere le prime ricerche sistematiche, come si fa per insegnare il mestiere dello storico. Dopo la tesi di laurea – che gli sarà pubblicata – una ricerca sull’economia antica (la distribuzione dei fenomeni economici in età romana) e un’altra relativa all’età moderna (pellegrini e viaggiatori nell’economia di Roma), sceglie la specializzazione di storico dell’età moderno-contemporanea.
Di quelli che chiamerà sempre, con convinzione, maestri si possono scorgere le influenze specifiche che hanno avuto nella sua formazione di studioso: da Padre Gemelli l’attenzione ai problemi del lavoro e a studiarli come aspetto centrale della vita degli uomini; dal prof. Vito la cultura economica nella comprensione dei legami interni ai fenomeni e della loro evoluzione nel tempo; dal prof. Fanfani il mestiere dello storico, in primo luogo la metodologia della ricerca; da tutti loro il rigore estremo nel pretendere il massimo da sé per pretendere il massimo da chi accetta le regole del lavoro scientifico. Quando, alla fine del ’45, Romani rientra in Italia dalla prigionia, ha 28 anni. Gli stimoli che ha ricevuto e recepito nella fase della sua formazione morale e culturale giovanile si sono ulteriormente radicati e aggiornati anche attraverso l’esperienza che la prigionia gli ha fortunatamente quanto eccezionalmente consentito. Questa esperienza è quella indicata da varie fonti orali come un’occasione per accostarsi direttamente al mondo degli studi americani sul fenomeno sindacale, in particolare alla Wisconsin school, anche se sembra difficile che – da dove si trovava - possa aver avuto la possibilità di significativi rapporti con il mondo universitario americano.
Come ritorna al suo ambiente, si dedica all’insegnamento (prima assistente e poi incaricato) e alla ricerca e trova il modo di dare consistenza organizzativa e strumenti adeguati all’approfondimento delle sue conoscenze in quell’area di interessi che si definirà rapidamente nella direzione dei problemi del lavoro e dell’azione sindacale. La costruzione di un suo modello organico di azione sindacale si realizza attraverso tre passaggi tra loro connessi :
- nel ’47-’48 è il laboratorio di ‘Realtà Sociale d’oggi’, rivista dell’ufficio studi del centro regionale lombardo dell’ICAS (Istituto Cattolico di Attività Sociali) che gli consente un’intensa accumulazione di conoscenze e la formulazione delle prime interpretazioni personali, la più centrale delle quali è quella relativa allo stato di crisi in cui versa il sindacato italiano nell’immediato dopoguerra. La fine dell’esperienza unitaria tentata nel ’44-’48 è vista come il determinarsi della condizione necessaria per l’irrompere della grande innovazione che prenderà corpo con la nascita della CISL;
- la pubblicazione nel’51 degli ‘Appunti sull’evoluzione del sindacato’ con cui compie una ricostruzione delle linee di sviluppo del fenomeno sindacale dalle origini fino alla fine degli anni quaranta. Nel disegnare l’evoluzione del fenomeno sindacale, Romani delinea quattro momenti storici secondo il processo evolutivo della struttura economico-sociale capitalistica (quello del suo sorgere agli inizi dell’ottocento; quello della crisi del capitalismo storico tra metà ottocento e primo conflitto mondiale; quello dell’intervallo tra le due guerre; e quello del secondo dopoguerra) e adotta alcune categorie unificanti la varietà delle esperienze che storicamente si sono determinate e cioè: natura e fini dell’azione sindacale, rapporti tra sindacato, stato e partiti politici, rapporti tra sindacato e ambiente economico;
- il saggio intitolato ‘Tendenze e linee di sviluppo del movimento sindacale’ che esce nel’51 in occasione della presentazione di ‘Sindacalismo’, rivista culturale della CISL dove si coglie la struttura della concezione ‘romaniana’ del sindacato e del suo sviluppo ulteriore.
Non si tratta di una nuova teoria del sindacato, ma dell’individuazione di una prospettiva politica all’azione sindacale da praticare all’interno e in coerenza con una società democratica. Gli assunti che si colgono sullo sfondo di questa costruzione sono:
il primato della società civile rispetto all’ordinamento politico;
la naturalità delle società intermedie e quindi del sindacato;
il pluralismo sociale e politico;
la non dissociabilità del progresso sociale da quello economico e di entrambi da un sistema di libertà civili;
la democrazia come sistema di partecipazione sempre più effettiva sulla base di una continua crescita culturale dei cittadini a partire dai gruppi tradizionalmente in posizione di debolezza, come appunto quello formato dai lavoratori subordinati.
E arriva poi il momento di passare dalle idee e dai progetti organici all’azione. E’ quanto Mario Romani farà, dall’interno della CISL, dall’inizio alla fine della sua collaborazione. Ma anche successivamente e fino alla ‘sua’ fine, con una partecipazione “…in piena libertà, in piena autonomia, come privati cittadini,(…) muovendo da concezioni e modi di vedere la realtà ben noti...”. Discreta, appunto.
L’art.2 dello Statuto, approvato nel primo Congresso Confederale – che qui oggi si ricorda - e che Pastore fa sapere essere stato predisposto dall’ufficio studi (“da alcuni colleghi”), ne rappresenta emblematicamente una sintesi, ideale e programmatica.
La “novità più importante” la definisce Ermanno Trebbi – vice segretario e membro dell’esecutivo confederale - uno dei componenti della commissione (Trebbi, Coppo, Cavezzali, Cappugi, Annesi, Pinci) esaminatrice del testo in una sua relazione. E continua “…La nostra organizzazione sindacale (…) ha voluto esporre chiaramente e partitamente i principi sui quali si fonda. Coloro che si limiteranno a leggere questa parte dello Statuto senza sforzarsi di penetrarne l’intima sostanza, potranno anche pensare ad affermazioni di carattere puramente teorico, magari utopistico; ma se essi porranno mente ai motivi vivi e profondi che ci hanno spinti a dar vita a questa nostra organizzazione sindacale, si convinceranno subito che una parola nuova, chiara e sincera doveva essere detta, per caratterizzare la nostra azione e, soprattutto, per indirizzare alla meta prefissa tutti i nostri sforzi”.
Bibliografia
G. Marongiu, La democrazia come problema. II Politica, società e Mezzogiorno. Ed. Il Mulino, Bologna 1994
E. Scaglia, Mario Romani : formazione cristiana e impegno educativo di un giovane “pinuccio” negli oratori milanesi durante i primi anni del fascismo. In “Bollettino”, 2015 n.2, Vita e Pensiero /Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
G. Formigoni, La formazione di Mario Romani nella gioventù cattolica milanese degli anni trenta : spunti di ricerca. In “Bollettino”, 2015 n.2, Vita e Pensiero /Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
S. Zaninelli – V. Saba, Mario Romani. La cultura al servizio del “Sindacato nuovo”. Ed. Rusconi, Milano 1995
M. Agnesi, Testimonianza manoscritta. Legnano 1984